Rimozione tumori cutanei e sottocutanei - dott. Mauro Schiavon - Dott. Mauro Schiavon

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DOTT. MAURO SCHIAVON
Specialista in Chirurgia Plastica, Ricostruttiva ed Estetica
Specialista in Chirurgia della Mano
NEOFORMAZIONI
TUMORI CUTANEI E SOTTOCUTANEI
Esistono molte tipologie di neoformazioni che interessano la cute o i tessuti sottostanti. Una prima grande divisione deve essere fatta tra le neoformazioni di tipo benigno e quelle a comportamento maligno.

PRINCIPALI NEOFORMAZIONI A COMPORTAMENTO BENIGNO
Fanno parte di questo gruppo molte neoformazioni comunemente presenti sulla pelle o sotto di essa e non pericolose per la salute.
  • Fibromi, Dermatofibromi, Fibromi molli, formazioni del tessuto connettivo molto frequenti sulla pelle delle gambe o alle pieghe inguinali, ascellari, al collo;
  • Cheratosi e Cheratosi Seborroiche si presentano come formazioni desquamanti più o meno pigmentate. Compaiono soprattutto con il passare degli anni e sono più frequenti nelle persone anziane.
  • Nevi, in tutte le loro numerose varianti. Possono essere presenti già alla nascita o comparire nelle prime settimane di vita o presentarsi durante tutto l’arco della stessa, soprattutto nei primi decenni. Possono essere piccoli o molto estesi e di varia forma e intensità di colore. Devono essere seguiti con attenzione soprattutto in alcuni individui più “a rischio” in quanto il loro aspetto può essere confuso con quello di un tumore a malignità molto alta: il Melanoma. A volte questo tumore origina dal nevo stesso per cui è sempre bene che chi ha dei nevi si faccia controllare regolarmente da uno specialista.
  • Cisti Sebacee sono accumuli di sebo all’interno della ghiandola che lo produce e che è situata in profondità sotto la pelle. Esse possono aumentare di dimensioni con il tempo e a volte, a causa di una comunicazione dell’interno con l’esterno attraverso il follicolo pilifero a cui le ghiandole sono annesse, possono dare luogo a fastidiose suppurazioni trasformandosi in ascessi veri e propri.
  • Lipomi sono accumuli di grasso sottocutaneo che “sfugge” al controllo dell’organismo e non è più soggetto alle variazioni di peso ma più o meno lentamente, continua a svilupparsi fino a raggiungere anche dimensioni molto importanti

PRINCIPALI NEOFORMAZIONI A COMPORTAMENTO MALIGNO DELLA CUTE
Il più pericoloso è senz’altro il Melanoma. Si tratta di un tumore il più delle volte pigmentato con sfumature che vanno dal marrone chiaro al nero. Il colorito è spesso disomogeneo, i bordi sono irregolari e frastagliati e la lesione nel suo complesso ha una forma asimmetrica. Le dimensioni sono varie e vanno dai pochi millimetri in fase iniziale a parecchi centimetri se non curata. La neoformazione può presentarsi piana o come un nodulo.
Il comportamento biologico, se non curato, è di diffusione delle cellule neoplastiche ad altri organi quali il fegato, i polmoni, il cervello. Le prime sedi ad essere invase dalle cellule neoplastiche sono i linfonodi più vicini al tumore, che infatti vengono studiati ed esaminati anche al microscopio (linfonodo sentinella). Se non curato porta alla morte in un tempo relativamente breve. Se la malattia è diagnosticata precocemente, il trattamento chirurgico può essere risolutivo.
Il Carcinoma Spinocellure o Squamoso è il secondo in termini di pericolosità in quanto, anche se con minore frequenza, se non curato, può metastatizzare, cioè diffondersi, nell’organismo e andare a compromettere le funzioni di qualche organo vitale quali il polmone ed il fegato. Anch’esso interessa primitivamente i linfonodi che quindi vanno studiati.
Si presenta come una lesione nodulare, leggermente rilevata sul piano cutaneo, spesso, ma non necessariamente, ulcerata, generalmente non pigmentata, di dimensioni varie da alcuni millimetri ad alcuni centimetri o anche molti centimetri se non curata.
Infine, il più frequente e meno pericoloso dei tumori cutanei è il Carcinoma Basocellulare. Si tratta di una lesione dai molteplici aspetti che vanno da quello piano, simile ad una cicatrice, a quello nodulare a quello pigmentato che fa porre la diagnosi differenziale con il melanoma.
È meno pericoloso di quelli precedentemente descritti, in quanto non diffonde, se non in casi eccezionali, ad altre sedi. Il comportamento locale è invece molto aggressivo nei confronti dei tessuti vicini per cui, se non curato, si diffonde, più o meno rapidamente, sia in senso centrifugo che in profondità e, a volte, può diventare difficile da asportare in modo radicale.
Le neoformazioni cutanee e sottocutanee sono molto frequenti e per la gran parte di esse si rende opportuno un trattamento chirurgico, con finalità curativa, estetica o funzionale.
Non sempre l’aspetto clinico della neoformazione consente al medico di distinguere le neoformazioni benigne da quelle maligne. A volte è necessaria l’asportazione con il successivo esame istologico per avere una conferma diagnostica. Nel caso venga dimostrato un comportamento biologico di malignità potranno essere necessari ulteriori trattamenti medico-chirurgici.
Non è possibile individuare un unico tipo di intervento chirurgico per l’asportazione delle neoformazioni cutanee e sottocutanee. La tecnica impiegata dovrà essere individualizzata in relazione alle caratteristiche del paziente e della neoformazione. Il trattamento chirurgico tradizionale con bisturi risulta appropriato nella grande maggioranza dei casi.
L’intervento viene eseguito generalmente in anestesia locale per infiltrazione dei tessuti cutanei e sottocutanei di una sostanza anestetica mediante iniezione. In casi particolari può rendersi necessario l’associazione di una sedazione o l’utilizzo dell’anestesia loco-regionale. Può rendersi opportuno un colloquio preoperatorio con il Medico Anestesista.

Sono tumori cutanei e sottocutanei di tipo benigno o maligno
Neoformazione cutanea (A) ed esito cicatriziale post-exeresi e sutura (B)



Ricostruzione difetti cutanei mediante l'utilizzo di lembi locali



Neoformazione cutanea al volto (A) ed asportazione mediante exeresi di losanga cutanea contenente la lesione (B)

TUMORI EPITELIALI
Rappresentano i tumori cutanei più frequenti. Colpiscono con sempre maggiore frequenza la popolazione mondiale e rappresentano i tumori più comuni nei paesi occidentali. In Italia l’incidenza annuale di queste neoplasie ammonta a circa 250.000 nuovi casi all’anno.
I tumori epiteliali costituiscono un ampio ed eterogeneo gruppo di tumori che origina dalla cute e dagli annessi cutanei (ghiandole sebacee, ghiandole sudoripare, follicoli piliferi, etc) ognuno dei quali presenta caratteristiche ben specifiche e differenti gradi di aggressività e pericolosità. Per semplicità prenderemo in esame solo le lesioni più comuni ed importanti dal punto di vista clinico.
I tumori epiteliali più frequenti includono le seguenti lesioni:
  • CARCINOMA BASOCELLULARE
  • CARCINOMA SQUAMOSO
  • PRECANCEROSI
SI CONOSCONO LE CAUSE DEI TUMORI EPITELIALI?
È POSSIBILE PREVENIRE L’INSORGENZA DI TALI LESIONI?
Le radiazioni solari, in particolare i raggi ultravioletti di tipo B, sono responsabili dell’invecchiamento precoce della pelle, causano la comparsa di rughe e favoriscono l’insorgenza di almeno il 90% di tutti i tumori della pelle. Questo dato indica che la maggioranza dei tumori epiteliali possono essere almeno in parte “limitati”.
Lo strato di ozono presente nell’atmosfera costituisce uno schermo efficace per la maggior parte delle radiazioni solari. Tale barriera protettiva sta progressivamente riducendosi favorendo il passaggio dei raggi ultravioletti e di conseguenza gli effetti nocivi di tali radiazioni.
Tutti i gruppi etnici sono a rischio di sviluppare un tumore della pelle specialmente se esposti frequentemente alle radiazioni solari. Di norma le persone che hanno la tendenza ad ustionarsi facilmente quando esposti al sole, specialmente se di pelle chiara, capelli rossi o biondi ed occhi chiari, rientrano in una tipologia di soggetti maggiormente a rischio.
I soggetti che lavorano o praticano attività ricreative all’aperto (agricoltori, lavoratori dell’edilizia, sportivi, etc) ma anche coloro i quali si espongono in maniera intermittente ma intensa al sole presentano un rischio aumentato di sviluppare un tumore della pelle.
Il danno apportato dalle radiazioni sulla cute è cumulativo e può manifestarsi sotto forma di tumore cutaneo anche a distanza di molti anni da un evento scatenante (ad esempio una grave ustione solare). Sono state individuate anche altre cause di insorgenza dei tumori epiteliali quali il tabacco, l’arsenico, gli idrocarburi, le radiazioni ionizzanti, le terapie immunosoppressive, patologie preesistenti quali aree cicatriziali o ulcerate, malattie croniche della cute come la psoriasi, ma solo un ristretto numero di casi (inferiore all’1%) può essere attribuito a questi fattori.
Sulla base di queste evidenze e delle più recenti indagini epidemiologiche si può affermare che una corretta prevenzione dei tumori cutanei consista in:
  • Limitare l’esposizione solare e nel caso proteggere la cute con indumenti a maglie non troppo larghe o trasparenti, indossare cappelli ed occhiali da sole;
  • Evitare l’esposizione solare nelle ore di maggiore insolazione (tra le 10 e le 16);
  • Non proteggersi unicamente con creme a schermo solare ma anche con indumenti. Le creme non schermano completamente le radiazioni, ma sono comunque utili per proteggere zone usualmente fotoesposte;
  • Limitare il ricorso a lettini solari o lampade abbronzanti.

COME RICONOSCERE UN TUMORE EPITELIALE?
Una visita annuale dal proprio medico curante o da uno specialista (chirurgo plastico o dermatologo) dovrebbe diventare una consuetudine al pari di altre visite di routine. Allo stesso modo ogni persona dovrebbe effettuare ogni tre mesi un auto-esame della propria pelle al fine di scoprire i primi segni di comparsa di un tumore cutaneo. Durante l’autoispezione il paziente può avvalersi di specchi. Ogni sede corporea dovrebbe essere ispezionata, anche il cuoio capelluto e le mucose.
I tumori cutanei si manifestano come lesioni in evoluzione che nell’arco di settimane o mesi possono aumentare di dimensioni, cambiare forma e colore, sanguinare, essere pruriginose e ricoprirsi di croste che ciclicamente cadono e si riformano. Una lesione di nuova insorgenza o il cambiamento delle caratteristiche di una lesione preesistente dovrebbero rappresentare campanelli d’allarme e consigliare una immediata visita medica.

I PIU' FREQUENTI TUMORI EPITELIALI
CARCINOMA BASOCELLULARE
È il più comune dei tumori epiteliali rappresentandone una percentuale compresa approssimativamente tra il 60 e l’80% del totale. Tale lesione colpisce entrambi i sessi soprattutto tra i 50 e gli 80 anni ma l’incidenza di tale tumore sta aumentando sensibilmente tra i soggetti al di sotto dei 50 anni. Ogni sede corporea può essere colpita, ma maggiormente le aree fotoesposte.
Il carcinoma basocellulare raramente si diffonde ai linfonodi o in altre sedi corporee. Esso tende piuttosto ad essere localmente invasivo e col passare del tempo si estende in superficie ed in profondità sino a raggiungere i tessuti profondi. La progressione del tumore è pertanto pericolosa per lesioni che insorgano in sedi delicate come le palpebre, il padiglione auricolare, il naso e le labbra.
Se scoperto e trattato adeguatamente, nella maggior parte dei casi la cura è definitiva. Le recidive della lesione, spesso esito di iniziali trattamenti incongrui o limitati, devono essere trattate sempre in maniera aggressiva anche se ciò comporta il ricorso a procedure ricostruttive complesse.
Varianti cliniche del carcinoma basocellulare:
  • VARIANTE ULCERATA (ulcus rodens): ulcera cutanea presente da almeno tre settimane senza tendenza alla guarigione e che può sanguinare o essere ricoperta da croste



  • VARIANTE SUPERFICIALE MULTIFOCALE: una o più macchie rossastre o irritate che si manifestano usualmente a livello del tronco ed arti. Possono essere ricoperte da croste ed essere pruriginose.



  • VARIANTE NODULARE: la varietà più comune. Lesione rilevata, di colore rosso, rosa, bianco o pigmentata, traslucente con aspetti perlacei, presentante una rete superficiale di piccoli vasi. Può essere o meno presente un’ulcerazione centrale ed in tal caso è riconoscibile un’orletto perlaceo ai margini della lesione.



  • VARIANTE CICATRIZIALE: lesione biancastra-giallastra, lucida, con caratteristiche simili ad un’area cicatriziale a margini sfumati e consistenza tesa alla palpazione.



POSSIBILITÀ DI TRATTAMENTO
Vi sono molte tecniche efficaci per trattare un carcinoma basocellulare. La scelta del trattamento è basata sulla varietà clinica, sulla sede, le dimensioni, l’estensione in profondità, l’età e le condizioni generali di salute del paziente. Il trattamento chirurgico è oggi la terapia più indicata.
  • CHIRURGIA: Può essere preceduta o meno da una biopsia in modo da poter disporre di una diagnosi istologica. L’asportazione chirurgica consente di effettuare un esame istologico della lesione e verificare se il tumore è stato asportato completamente. Il trattamento avviene più spesso in anestesia locale. L’asportazione chirurgica deve includere da 3 a 5 mm di cute visivamente “sana” attorno alla lesione. Il riparo avviene solitamente mediante l’avvicinamento diretto dei margini che vengono suturati tra loro. Qualora il difetto non possa essere riparato con una semplice sutura il chirurgo ha a disposizione due soluzioni chirurgiche alternative:
    • Lembi locali: tessuti ruotati, trasposti o avanzati nel difetto senza che essi perdano la connessione con la cute circostante che fornisce loro l’apporto vascolare.


Lembo naso-genieno


Lembo bilobato

Lembo di Limberg

  • Innesti di cute: sottile strato di cute di spessore variabile prelevato da un’area corporea chiamata donatrice che una volta posizionato nel difetto viene rivascolarizzato dai tessuti dell’area ricevente (attecchimento dell’innesto cioè guarigione) (Vedere più avanti per la spiegazione della tecnica).
Oltre al trattamento chirurgico vi sono altre metodiche terapeutiche. Le più frequentemente impiegate sono:
  • CAUTERIZZAZIONE: dopo una iniziale asportazione mediante courette si asporta la lesione mediante una ripetuta diatermocoagulazione del fondo. Tale procedura non è in grado di consentire una valutazione della radicalità dell’asportazione tramite un esame istologico.
  • CRIOTERAPIA: mediante l’applicazione di azoto liquido i tessuti tumorali vengono progressivamente distrutti mediante congelamento. Anche tale procedura non è in grado di garantire la radicalità dell’asportazione e non è possibile effettuare un esame istologico. Tale procedura viene applicata su lesioni molto superficiali o in pazienti con disordini della coagulazione o intolleranza all’anestesia.
  • CHIRURGIA di MOHS: procedura chirurgica che consente l’asportazione seriale di strati di tessuto attorno alla lesione iniziale che vengono analizzati al microscopio sino al raggiungimento di margini liberi da neoplasia. Tale procedura, sebbene di grande utilità nel casi di lesioni recidive o situate in aree sensibili del corpo, è purtroppo piuttosto indaginosa e lunga e trova indicazione solo in casi selezionati.
  • RADIOTERAPIA SUPERFICIALE: trattamento riservato solitamente a casi per i quali non sia indicata l’opzione chirurgica;
  • TERAPIA FOTODINAMICA: si avvale dell’uso di agenti chimici fotosensibilizzanti che applicati topicamente o somministrati per via sistemica rendono il tumore suscettibile al danno generato da una particolare fonte luminosa. Tale terapia è efficace solo su tumori molto superficiali e pertanto può essere utilizzata solo in casi selezionati.
  • IMIQUIMOD: farmaco modulatore della risposta immune che applicato topicamente è in grado di far regredire il 90% delle lesioni superficiali e di piccole dimensioni. Necessita di almeno 6 settimane di applicazione e non è in grado di garantire l’effettuazione di un esame istologico.

FOLLOW UP
Il termine anglosassone “follow up” vuol dire letteralmente seguire l’andamento clinico del paziente nel tempo. Questa pratica clinica è di fondamentale importanza in oncologia e trova indicazione anche per i carcinomi basocellulari. Tali lesioni, come già detto, raramente danno metastasi. Piuttosto tendono a recidivare localmente soprattutto se non asportate in maniera completa. Nuove lesioni possono insorgere in stretta contiguità o meno con la lesione precedentemente escissa. Almeno due terzi delle recidive insorge entro tre anni dalla precedente asportazione.
Per tali motivi è di fondamentale importanza effettuare periodici controlli a distanza di tempo (da 3 a 6 mesi dopo l’asportazione chirurgica) per un periodo di tempo di almeno 3 anni. Le recidive sono associate con un alto rischio di ulteriore recidiva locale. Il loro trattamento è esclusivamente chirurgico e comporta ampie escissioni ed il frequente ricorso a tecniche di riparo quali lembi o innesti.

CARCINOMA SQUAMOSO
E’ il tumore epiteliale più frequente dopo il carcinoma basocellulare e rappresenta tra il 20 ed il 30% del totale dei tumori epiteliali. Colpisce maggiormente il sesso maschile tra i 50 e 70 anni. Le aree del corpo maggiormente colpite da questo tumore sono quelle cronicamente esposte al sole, quali la testa, il collo e gli arti. Solitamente la cute di queste aree corporee presenta segni di danno solare come rughe, alterazioni della pigmentazione e perdita di elasticità. Può insorgere o meno su una preesistente precancerosi come la cheratosi solare, la malattia di Bowen…etc.
Il carcinoma squamoso può in alcuni casi diffondersi ai linfonodi vicini o in altre sedi corporee. Questo tipo di progressione della malattia, chiamato metastasi, è tanto più frequente quanto maggiori sono le dimensioni della lesione e tanto più in profondità essa si è estesa. I carcinomi squamosi delle mani, del labbro, del padiglione auricolare, del cuoio capelluto, delle mucose o quelli insorti su aree di infiammazione cronica (ulcera di Marjolin) hanno una tendenza maggiore alla diffusione a distanza (metastatizzazione). La metastatizzazione è inoltre più frequente in pazienti che presentino una diminuzione delle difese a causa di terapie farmacologiche o malattie debilitanti e nel caso di varianti istologiche più aggressive di carcinoma squamoso.
Varianti cliniche del carcinoma squamoso:
  • VARIANTE INFILTRANTE: il tumore ha l’aspetto di una placca a bordi irregolari, aspetto simil cicatriziale, superficie liscia o sormontata da croste, la cui evoluzione è spesso l’ulcerazione e la diffusione in profondità.



  • VARIANTE VEGETANTE: il tumore ha l’aspetto di una verruca o di un’escrescenza a forma di cavolfiore con una tendenza a crescere in altezza più che ad estendersi in superficie. La lesione può essere ricoperta da tessuto spesso e resistente oppure da tessuto macerato, infetto e sanguinante. Sedi tipiche di tale variante sono le regioni orale, perineale e gli arti.



  • VARIANTE ULCERATA: il tumore si presenta come un’ulcera che non manifesta la tendenza alla guarigione spontanea da settimane e può essere ricoperta da croste che saltuariamente possono sanguinare. Forma tipica dei carcinomi squamosi insorti su cicatrici e a livello del labbro.



  • VARIANTE NODULARE: costituisce la più tipica presentazione di questo tumore che si presenta come una lesione nodulare rosea, sovente pruriginosa, con una depressione centrale erosa che occasionalmente può sanguinare. A livello dell’ulcerazione centrale può essere presente una formazione cornea sporgente a tipo di corno cutaneo. Tale varietà ha una tendenza ad una rapida crescita e può essere confuso con una lesione a malignità meno aggressiva chiamata cheratoacantoma.



POSSIBILITÀ DI TRATTAMENTO
Il carcinoma squamoso è potenzialmente più pericoloso del carcinoma basocellulare, a causa della capacità di metastatizzazione. Per tale motivo nel caso del carcinoma squamoso le indicazioni terapeutiche sono quasi esclusivamente chirurgiche. Le lesioni che recidivano hanno infatti una elevata possibilità di metastatizzare ai linfonodi loco-regionali.
  • CHIRURGIA: l’asportazione chirurgica deve includere da 5 a 10 mm di cute “sana” attorno alla lesione. Il riparo avviene solitamente mediante l’avvicinamento diretto dei margini che vengono suturati tra loro. Qualora il difetto non possa essere riparato con una semplice sutura il chirurgo ha a disposizione due soluzioni chirurgiche riparative:
    • Lembi locali: tessuti ruotati, trasposti o avanzati nel difetto senza che essi perdano la connessione con la cute circostante che fornisce loro l’apporto vascolare (vedi quanto riportato sul carcinoma basocellulare)
    • Innesti di cute: sottile strato cutaneo a spessore totale o parziale distaccato da un’area corporea chiamata donatrice e una volta posizionato nel difetto viene rivascolarizzato dai tessuti dell’area ricevente (vedi quanto riportato sul carcinoma basocellulare)
  • CHIRURGIA di MOHS: procedura chirurgica che consente l’asportazione seriale di strati di tessuto attorno alla lesione iniziale che vengono analizzati al microscopio sino al raggiungimento di margini liberi da neoplasia. Tale procedura, sebbene di grande utilità nel casi di lesioni recidive o situate in aree sensibili del corpo, è purtroppo piuttosto indaginosa e lunga e trova indicazione solo in casi selezionati.
  • RADIOTERAPIA: trattamento riservato a pazienti anziani o affetti da patologie invalidanti per i quali non sia indicata l’opzione chirurgica

FOLLOW UP
Per il carcinoma squamocellulare i controlli a distanza di tempo sono di fondamentale importanza. Tale lesione, come più volte detto, può talvolta propagarsi a distanza oltre a poter recidivare localmente. Le lesioni recidive hanno una elevata tendenza a recidivare nuovamente ed un terzo di esse si propaga ai linfonodi loco-regionali e a volte anche ai polmoni. Il trattamento delle recidive, come precedentemente detto per il carcinoma basocellulare, prevede ampie demolizioni ed il frequente ricorso a tecniche di riparo come lembi o innesti.
Le visite di controllo, programmate solitamente ogni 3-6 mesi per un periodo di tempo di almeno 5 anni, si basano sul controllo clinico della sede colpita e sulla valutazione clinica dei linfonodi loco-regionali. Inoltre il medico si avvale dell’ausilio di esami strumentali come ecografie e radiografie da effettuarsi periodicamente, per escludere eventuali metastasi.
In casi selezionati nei quali il Chirurgo debba fronteggiare tumori particolarmente aggressivi o ad alto rischio di diffusione metastatica, in molti centri si procede all’asportazione del linfonodo sentinella unitamente all’exeresi del tumore. Tale metodica consente di marcare mediante un tracciante radioattivo ed un colorante vitale il primo linfonodo che drena la linfa dall’area ove il tumore si è sviluppato.
Una volta individuato il linfonodo mediante una sonda esso viene asportato ed analizzato. Se tale linfonodo risulta non intaccato dal tumore ciò significa che molto probabilmente il tumore non si è esteso ai linfonodi di quel determinato bacino linfonodale. In caso contrario, tutti i linfonodi di quel determinato bacino linfonodale dovranno essere asportati.
L’applicazione della ricerca del linfonodo sentinella nel trattamento di carcinomi squamosi è pertanto un valido ausilio per il Chirurgo in quanto consente una precoce individuazione delle metastasi linfonodali, ma va applicato solamente in casi selezionati. Meno frequente è l’estensione del tumore ad altre sedi tra cui soprattutto ai polmoni. In ogni caso il medico in casi selezionati può consigliare l’effettuazione di una radiografia del torace durante i controlli periodici.

PRECANCEROSI
Sotto questo termine vengono indicate numerose condizioni patologiche che tendono ad evolvere con maggiore o minore frequenza verso una lesione maligna. In realtà tale termine viene utilizzato anche per indicare quelle lesioni maligne (carcinomi in situ) che rimangano confinate all’epidermide, lo strato più superficiale della cute. Per semplicità prenderemo in esame in questa trattazione le lesioni precancerose più frequenti ovvero la cheratosi solare e la malattia di Bowen.

CHERATOSI SOLARE
Chiamata anche cheratosi attinica, tale lesione insorge esclusivamente su aree di cute scoperta quale conseguenza di un danno da esposizione cronica alle radiazioni solari. I soggetti anziani ne sono maggiormente affetti. Il viso, il dorso delle mani ed il cuoio capelluto rappresentano le sedi maggiormente colpite.
Si presenta come una lesione rossa o bruna lievemente rilevata per la presenza di una superficie crostosa biancastra o giallastra la cui rimozione rileva la presenza di una erosione superficiale della cute che nel giro di pochi giorni si ricopre di una crosta cornea. Di norma coesistono numerose lesioni associate ad atrofia e perdita di elasticità della cute.
L’evoluzione delle cheratosi solari è spesso verso una lenta trasformazione in un carcinoma squamoso con scarsa tendenza alla metastatizzazione.



POSSIBILITÀ DI TRATTAMENTO
Tutte le seguenti opzioni terapeutiche sono valide:
  • LASERTERAPIA: molti tipi di laser, in particolare il laser a CO2 o altri dispositivi come il Coblation sono in grado di eradicare le lesioni grazie ad un preventivabile effetto ablativo in profondità. A causa dell’alto costo tali metodiche andrebbero utilizzate in sedi delicate come il volto anche in considerazione del fatto che lasciano reliquati cicatriziali trascurabili.
  • CRIOTERAPIA: sicuramente il trattamento più comune delle cheratosi solari in quanto consente dopo un unico ciclo di ottenere percentuali di cura prossime al 98%. Da utilizzare con cautela a livello degli arti inferiori negli anziani per il rischio di determinare ulcerazioni cutanee.
  • CAUTERIZZAZIONE: distruzione della lesione mediante diatermocoagulazione. Non consente esame istologico.
  • FLUOROURACILE: l’applicazione topica di tale sostanza consente di ottenere percentuali di cura molto alte. Può costituire un trattamento adiuvante alla crioterapia.

CARCINOMA SQUAMOSO IN SITU (MALATTIA DI BOWEN)
Rappresenta un carcinoma squamoso superficiale limitato all’epidermide che colpisce maggiormente il tronco e gli arti inferiori. Si presenta come una chiazza rossastra, solitaria, lievemente rilevata a margini netti ricoperta da croste che tende a crescere in estensione prima di trasformarsi a distanza di una decina d’anni in un carcinoma squamoso infiltrante. Tale progressione è spesso associata ad una elevata potenzialità metastatica.

POSSIBILITÀ DI TRATTAMENTO
Tutte le seguenti opzioni terapeutiche sono valide:
  • CHIRURGIA: La possibilità di trasformazione in carcinoma squamoso invasivo e potenzialmente metastatizzante pone l’opzione chirurgica come trattamento di scelta. Tale tipologia di trattamento presenta il vantaggio di poter eradicare la lesione ed ottenere una conferma istologica. Lesioni di grandi dimensioni, ad esempio a livello degli arti inferiori, devono essere riparate con lembi o innesti cutanei.
  • CRIOTERAPIA, LASERTERAPIA, CAUTERIZZAZIONE, FLUOROURACILE: opzioni alternative laddove i pazienti optino per tecniche meno invasive e che a prezzo di percentuali di recidiva non trascurabili, lasciano meno esiti cicatriziali.

ESECUZIONE DELL’INTERVENTO E SUA DURATA
L’intervento di asportazione di una neoformazione, avviene generalmente seguendo le tappe di seguito indicate:
  1. Asportazione di un settore di cute a losanga, comprendendo in essa la neoformazione ad una distanza variabile dai suoi margini.
  2. Ne risulta una perdita di sostanza cutanea a forma di losanga.
  3. I margini del difetto vengono approssimati e suturati.
  4. In genere si utilizza una “sutura intradermica”, cioè facendo scorrere il filo nello spessore della pelle a “serpentina”, senza punti esterni. In altri casi la sutura viene eseguita mediante punti esterni.
  5. Per finire, la sutura viene coperta e mantenuta ferma da cerotti ad alta aderenza (steri-strips) e questi, a loro volta, coperti da una garza.
In alcuni casi non è possibile riparare il difetto per semplice avvicinamento dei margini della ferita. In questi casi può essere necessario mobilizzare i tessuti vicini all’asportazione (lembo di vicinanza: vedere precedentemente per l’illustrazione della tecnica) o trasferire la cute da un’altra sede corporea (innesto di cute).

INNESTI DI CUTE
Un innesto è un trapianto di uno o più tessuti, o di una porzione di essi, trasferito interrompendo completamente le connessioni con la sede di prelievo e, quindi, con il corpo. La zona da cui viene prelevato l’innesto prende il nome di area donatrice; quella dove va trasferito si chiama area ricevente.

Tipi di innesti cutanei
Vi sono diversi tessuti che possono essere utilizzati come innesto. I più usati in Chirurgia Plastica, e argomento di queste righe, sono gli innesti di cute.
Gli innesti cutanei possono essere distinti sulla base dello spessore in:
  • Innesti cutanei a spessore parziale in cui viene trasferita l’epidermide (strato superficiale della cute) ed una porzione variabile di derma (strato profondo della cute). Questi innesti vengono prelevati utilizzando un apposito strumento, chiamato dermatomo. Le aree donatrici sono rappresentate da sedi in cui la cute possiede un discreto spessore, da cui sia possibile il prelievo di ampi tratti di cute e in cui sia poco visibile il danno cicatriziale: cosce, addome, regione glutea, superficie interna del braccio, dorso/torace, cuoio capelluto, etc. I vantaggi legati all’utilizzo di questo tipo di innesti sono rappresentati dalla possibilità di effettuare ampi prelievi, dalla guarigione spontanea dell’area donatrice e dalla facilità di attecchimento (guarigione) dell’innesto. Gli svantaggi sono rappresentati dalla visibilità dell’innesto, diverso per colorito e trama dal tessuto circostante.

Prelievo di innesto cutaneo a spessore parziale mediante dermatomo


Aree donatrici di innesti cutanei a spessore parziale

  • Innesti cutanei a spessore totale in cui vengono trasferiti per intero sia l’epidermide che il derma. Questi innesti vengono prelevati mediante bisturi e l’area donatrice viene riparata mediante sutura della ferita . Per le aree donatrici vanno scelte sedi in cui la cicatrice risultante dal prelievo sia poco visibile e in cui vi sia una certa disponibilità di cute in modo da consentire la sutura del difetto creato senza tensione: regione retroauricolare, regione sovraclaveare, regione inguinale, regione sovrapubica, etc. I vantaggi legati all’utilizzo di questo tipo di innesti sono rappresentati dalla minor tendenza alla retrazione e dalla minor visibilità della cute trasferita rispetto alla cute circostante. Gli svantaggi principali sono costituiti dalle limitate dimensioni degli innesti, dall’attecchimento più lungo e difficile e dalla cicatrice a livello dell’area donatrice.

PROCESSO DI GUARIGIONE DI UN INNESTO DI CUTE
Un innesto è, per definizione, sprovvisto di vascolarizzazione autonoma. Il processo di unione dell’innesto all’area ricevente e la sua rivascolarizzazione viene definito “attecchimento”. Da un punto di vista clinico, l’innesto si presenta pallido e biancastro subito dopo il prelievo, diventa roseo entro poche ore dal trapianto e rosa brillante ed asciutto nei giorni seguenti. L’innesto è aderente e vitale in 48 ore ma nei primi giorni è molto delicato soprattutto se localizzato agli arti inferiori. La comparsa di un colorito roseo e la fissità sul fondo ne confermano l’avvenuto attecchimento.
Per garantire il corretto attecchimento dell’innesto cutaneo è importante che l’area venga immobilizzata mediante una medicazione compressiva e tenuta elevata per 5–7 giorni al fine di assicurare lo scambio dei fluidi nutritivi e di minimizzare i rischi di rottura delle connessioni vascolari appena formate.

Medicazione dell’innesto

In alcuni casi un innesto può attecchire anche solo in parte o per nulla. In questi casi il tessuto trapiantato, non più vitale, deve essere rimosso.
Ciò si verifica con maggiore frequenza nei seguenti casi:
  • anomalo processo di cicatrizzazione (pazienti defedati, arteriopatici, etc.)
  • condizioni che limitano il nutrimento della cute trasferita (aree radiodermitiche, zone necrotiche, etc.)
  • infezione
  • emorragia e formazione di essudato tra innesto e fondo
  • immobilizzazione insufficiente o medicazione mal applicata
Nel caso in cui vi sia un attecchimento incompleto o nullo dell’innesto vi può essere la necessità di reintervenire chirurgicamente per posizionare un secondo innesto di cute oppure, laddove la porzione non attecchita sia di dimensioni limitate, la ferita può guarire eseguendo delle medicazioni.

Quando si utilizza un innesto di cute?
Quando vi è una perdita di tessuto (pelle e grasso sottocutaneo) interessante la superficie corporea dovuta a cause diverse quali i traumi, le ustioni, l’asportazione di un tumore, etc.

Complicanze
Le possibili complicanze legate ad un intervento di prelievo e posizionamento di innesto si distinguono in:
  • Immediate (se avvengono nell’immediato periodo post-operatorio):
    • accumulo di siero tra innesto e area ricevente (sieroma);
    • mancato attecchimento;
    • accumulo di sangue tra innesto e area ricevente (ematoma);
    • infezione
  • tardive (se avvengono a distanza di tempo dall’interevento):
    • alterazione del colore della cute trasferita;
    • retrazione della cute innestata;
    • formazione di cicatrici esuberanti;
    • cicatrice nell’area di prelievo della cute.
L’asportazione delle neoformazioni sottocutanee richiede comunque un’incisione cutanea e la sutura come sopra descritto. Il tessuto chirurgicamente asportato, se giudicato opportuno, viene inviato allo Specialista Anatomo-Patologo per l’esame istologico.

DECORSO POST-OPERATORIO
Il dolore dopo questo tipo di intervento, se la neoformazione asportata è di piccole dimensioni, è generalmente modesto e di norma è controllabile con i comuni analgesici. Dovrà essere evitato l’uso di farmaci contenenti acido acetilsalicilico che potrebbero provocare sanguinamenti e quindi la formazione di ematomi. L’insorgenza di un dolore forte e persistente e/o di un improvviso gonfiore dell’area trattata potrebbe significare lo sviluppo di un ematoma o di un’infezione locale. In questo caso è necessario informarne tempestivamente il Chirurgo.
I punti di sutura saranno rimossi dopo alcuni giorni. Se ritenuto opportuno, sarà eseguito un controllo intermedio. La comparsa di ecchimosi (lividi) può verificarsi in genere nell’area vicina a quella di intervento. Durano sette-dieci giorni; se localizzate al volto possono essere mascherate con il trucco. A guarigione avvenuta potranno essere prescritti trattamenti topici per ottenere una migliore cicatrice.

CICATRICI
Ogni atto chirurgico produce inevitabilmente delle cicatrici permanenti ed indelebili; anche gli interventi di chirurgia plastica. In genere esse risultano, a distanza di alcuni mesi dall’intervento, poco appariscenti, specie se è possibile farle coincidere con le pieghe naturali del corpo.
Talora a causa di complicazioni post-operatorie o di mancata osservazione delle prescrizioni da parte del paziente, le cicatrici possono risultare di qualità scadente. Alcuni pazienti, a causa di una eccessiva reattività cutanea, possono sviluppare cicatrici arrossate o rilevate e perciò facilmente visibili, che durano diversi mesi o sono permanenti (cicatrici ipertrofiche o cheloidee) o cicatrici “allargate” di colore normale (cicatrici ipotrofiche).
Si tratta di un'evenienza non prevedibile, seppure di raro riscontro. Cicatrici inestetiche e di cattiva qualità possono essere corrette con trattamento medico o con un intervento dopo un congruo periodo di tempo (6-12 mesi dall'intervento), durante il quale, se ritenuto opportuno potrà essere prescritto un trattamento topico o farmacologico.
A cura del dott. Mauro Schiavon, chirurgo plastico ed estetico
Opera a Udine presso il Policlinico "Città di Udine"
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